Ricorso della regione Veneto, in persona del presidente pro-tempore della giunta regionale, autorizzato mediante deliberazione della giunta stessa n. 7017 in data 18 dicembre 1992, rappresentata e difesa, per mandato a margine del presente atto, dagli avv.ti prof. Francesco Amato, prof. Mario Bertolissi e dall'avv. Romano Morra, elettivamente domiciliata in Roma, presso il dipartimento per la rappresentanza della regione Veneto, piazza Borghese n. 91, contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica, per regolamento di competenza in relazione alla deliberazione della commissione statale di controllo nella regione Veneto dell'11 novembre 1992, prot. n. 12419, con la quale si annulla la deliberazione n. 453, adottata dal consiglio regionale del Veneto in data 1½ ottobre 1992. F A T T O Con atto 11 novembre 1992, prot. n. 12419 (doc. 1) la commissione statale di controllo nella regione Veneto ha annullato la deliberazione n. 453 del 1½ ottobre 1992, con la quale il consiglio regionale del Veneto aveva "ritenuto che .. non deve essere pronunciata la decadenza nei confronti del consigliere Giulio Veronese, ai sensi della legge 18 gennaio 1992, n. 16" (doc. 2). Tale deliberazione era stata inviata, secondo una prassi consolidata, alla commissione di controllo di legittimita' sugli atti regionali per una verifica della regolarita' formale della stessa. Senonche', la commissione di controllo, anziche' limitarsi a una verifica cosi' circoscritta, ha ritenuto di dover sindacare l'atto nel merito, sovrapponendo alla decisione sostanziale del Consiglio regionale una propria decisione fondata su una differente interpretazione della legge 18 gennaio 1992, n. 16. La regione Veneto propone il seguente ricorso per regolamento di competenza perche' ritiene la suddetta decisione della commissione statale di controllo invasiva delle proprie attribuzioni in materia di convalida delle elezioni e decadenza dalla carica dei componenti il Consiglio regionale. D I R I T T O 1. - A norma dell'art. 17 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, "al Consiglio regionale e' riservata la convalida delle elezioni dei propri componenti, secondo le norme del suo regolamento interno". Questa disposizione e' da considerarsi attuativa, per un verso, dell'art. 121 della Costituzione e, per altro verso, dell'art. 125, primo comma, della Costituzione. Infatti, da questa disposizione si argomenta chiaramente che l'ordinamento giuridico attribuisce in via esclusiva al Consiglio regionale il potere di controllare e accertare la sussistenza dei requisti necessari per assumere e conservare la carica di consigliere regionale. Del resto, e' principio generale che i componenti degli organi elettivi sottostanno al giudizio di controllo, circa la validita' della loro elezione e circa il loro diritto a permanere in carica, formulato dall'organo elettivo cui appartengono. Cio' non esclude che questi atti di verifica dell'organo elettivo possano essere soggetti a un controllo amministrativo di legittimita', ma e' chiaro che questo controllo non puo' andare oltre la verifica della regolarita' meramente formale dell'atto controllato. In caso contrario, vi sarebbe un insanabile contrasto tra l'attribuzione in via esclusiva all'organo elettivo del potere di verifica delle condizioni suddette e l'attribuzione della potesta' di annullamento, in sede di controllo esterno, per insussistenza dei requisiti di legge. Certo, non si ignora che la legge prevede per la sola convalida dei consiglieri comunali e provinciali, un potere sostitutivo dell'autorita' tutoria nel caso di omessa delibera di convalida dei rispettivi consigli nella seduta immediatamente successiva alle elezioni (artt. 75, secondo comma, della legge n. 570/1960; 59 della legge n. 62/53; e 7 della legge n. 1147/1966). Ma da cio' non si puo' trarre alcun argomento che infirmi il principio suddetto. Infatti, il potere sostitutivo dell'autorita' tutoria, in quanto limitativo dell'autonomia dell'ente territoriale, non puo' essere ammesso che nei ristrettissimi limiti della previsione legislativa. Non solo, ma la legge, prevedendo questo potere sostitutivo per la sola omissione della deliberazione di convalida degli eletti - e non anche, ad esempio, per l'omessa dichiarazione di decadenza (v. art. 9- bis della legge n. 570/60) -, deliberazione considerata dalla stessa legge come atto preliminare ad ogni altra attitiva' dei consigli comunali e provinciali, lascia chiaramente intendere che tale potere non sussiste la' dove non si tratti di impedire la paralisi dei consigli stessi o l'invalidita' di tutta la loro attivita'. Infine, non va dimenticato che una analoga disposizione non esiste per i consigli regionali, il che dimostra non solo la "maggiore latitudine dell'autonomia regionale" rispetto a quella comunale e provinciale (Sandulli, manuale, I, 1982, p. 467), ma dimostra anche che l'ingerenza dell'autorita' tutoria in materia di controllo della validita' dell'elezione dei componenti degli organi elettivi e del loro diritto a parmanere in carica non puo' essere in alcun modo elevata a regola del sistema. Che quelli enumerati non siano principi formulati sulla base di pure e semplici deduzioni o, peggio ancora, congetture risulta dal meccanismo della legge che - demandate all'organo elettivo di appartenenza il controllo sulla presenza dei requisiti per assumere e conservare la carica di consigliere regionale - riconosce alla sola autorita' giudiziaria, adita dai legittimati, il potere di accertare la sussistenza o meno dei requisiti di legge in ordine alla stessa carica. Certo, tra i legittimati vi e' - ai sensi dell'art. 19, secondo comma, della legge 17 febbraio 1968, n. 108 - anche il commissario del Governo; ma questo dimostra, inequivocabilmente, che il controllo demandato agli organi governativi e', a tutto concedere, limitato, alla verifica della regolarita' formale degli adempimenti posti in essere dal consiglio e preordinati all'eventuale esercizio dell'azione davanti all'autorita' giudiziaria. E' del tutto evidente, infatti, che l'attribuzione della legittimazione all'esercizio di tale azione al commissario del Governo (che presiede la commissione statale di controllo) sarebbe del tutto priva di razionalita' se l'organo governativo di controllo potesse egli stesso sostituire la decisione del consiglio regionale con una propria di accertamento dei requisiti per l'assunzione e la conservazione della carica. E che tale e non altro sia la decisione di annullamento della commissione statale di controllo che ha provocato questo ricorso e' dimostrato dal fatto che se la stessa fosse valida e corretta, il consiglio regionale, dato il carattere obbligatorio e a contenuto rigorosamente vincolato dell'attto di convalida o di decadenza, non avrebbe altra scelta che quella di adeguarsi ad essa e il risultato sarebbe perfettamente identico a quello dell'atto sostitutivo dell'organo di controllo. 2. - La tesi qui sostenuta - si badi - non e' contraddetta nel suo fondamento dal fatto che in dottrina e nella giurisprudenza di codesta Corte si riconosca la non assimilabilita' della posizione costituzionale del consiglio regionale al Parlamento, in quanto quest'ultima e' espressione di sovranita', mentre i consigli godono soltanto di una autonomia politica. L'autonomia politica, infatti, significa esclusione di ingerenze di organi esterni nella relativa sfera (di autonomia), tanto piu' quando il dettato legislativo prefigura, a chiare lettere, tempi e modi di esercizio di un riscontro che non deve essere lesivo di simili prerogative. Che si tratti di questione che attiene all'autonomia degli enti territoriali d'ogni specie - non suscettibile di limitazioni diverse da quelle puntualmente stabilite dall'ordinamento - e' dimostrato dal fatto che, anche relativamente a comuni e province, la legge ha riconosciuto l'esistenza di un interesse pubblico alla regolare costituzione degli organi elettivi degli enti locali, che - fatta eccezione del limitatissimo potere sostitutivo dell'autorita' tutoria, di cui si e' detto - puo' essere fatta valere dagli organi amministrativi di controllo soltanto al di fuori del loro normale potere di imperio, per mezzo dell'azione giudiziaria (art. 82 del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570; idem, il gia' citato art. 19 della legge n. 108/1968). Con questa azione, naturalmente, gli organi di controllo non fatto valere un interesse particolare dell'Amministrazione, ma il pubblico interesse a che la legge elettorale e le leggi ad essa collegate (che dispongono, ad esempio, in tema di decadenza ecc.) siano puntualmente applicate. Resta fermo, peraltro, che questo e' l'unico mezzo, in materia elettorale locale, riconosciuto dall'ordinamento agli organi suddetti. Ne discende che ogniqualvolta l'organo di controllo delibera un annullamento di un atto delle assemblee elettive incidente sulla assunzione e conservazione della carica di un suo componente eccede l'ordine delle proprie competenze, concretizzando, quando si tratti di delibera di Consiglio regionale, il conflitto di attribuzioni enunciato nelle premesse dell'atto.